In edifici storici, dove le fluttuazioni microclimatiche influenzano direttamente la stabilità strutturale e la conservazione del patrimonio, la calibrazione accurata dei sensori di umidità relativa non è un semplice controllo tecnico, ma una pratica essenziale per garantire dati affidabili che guidano interventi di restauro mirati. Il sensore SHT31, comunemente utilizzato, richiede procedure di calibrazione rigorose, con tolleranze ≤ ±1–2% RH e stabilità termica di classe 1, per evitare errori cumulativi che possono tradursi in diagnosi errate sulla condizione igrometrica della muratura. A differenza dei sensori standard, quelli professionali devono rispondere dinamicamente a gradienti sottili e persistenti, specialmente in ambienti caratterizzati da materiali porosi come pietra e legno antico, dove l’umidità si accumula e si diffonde in modo non uniforme. La calibrazione, pertanto, non si limita a un’impostazione iniziale, ma si configura come un processo iterativo e contestualizzato, che integra conoscenze tecniche, metodologie precise e attenzione al contesto architettonico specifico.
**1. Perché la calibrazione è critica: il ruolo fondamentale nell’accuratezza conservativa**
In ambienti storici, variazioni anche minime di umidità relativa (RH) possono innescare processi di degrado come la cristallizzazione del sale o la deformazione della muratura. Un sensore non calibrato può fornire letture distorte di diversi punti percentuali, generando falsi allarmi o, peggio, occultando criticità reali. La certificazione del sensore deve quindi garantire non solo stabilità termica e bassa isteresi, ma anche linearità entro ±2% RH e un tempo di stabilizzazione tipicamente 10–30 minuti, fondamentale per acquisizioni rapide e ripetibili. La mancata calibrazione in queste condizioni comporta errori sistematici che compromettono l’intera strategia di monitoraggio, con ripercussioni dirette sulla conservazione preventiva.
**2. Fondamenti tecnici: principi di funzionamento e requisiti professionali**
Il sensore SHT31 si basa su tecnologia capacitiva, dove la variazione della costante dielettrica del dielettrico interno in risposta all’umidità modifica la capacità elettrica, convertita in lettura RH. A differenza di sensori elettrochimici, quelli capacitivi offrono maggiore stabilità a lungo termine e minore deriva, ideali per il monitoraggio continuo in archivi, cappelle o cappelle gotiche. Tuttavia, la precisione dipende strettamente dalla compensazione termica: ogni grado Celsius di deviazione può alterare la misura di oltre 1% RH. È fondamentale utilizzare protocolli di comunicazione affidabili come I2C o Modbus per l’integrazione con sistemi di acquisizione dati (DAQ), sincronizzati tramite NTP per garantire tracciabilità temporale. La frequenza di campionamento minima raccomandata è di 1 minuto, con registrazione continua per almeno 2 ore, verificando che variazioni successive siano inferiori a ±0.5% RH per accettare la stabilità.
**3. Metodologia passo-passo per la calibrazione in contesti storici**
Fase 1: **Selezione del punto di riferimento**
Posizionare il sensore a 1,5–2 metri dal pavimento, lontano da correnti d’aria dirette, impianti di ventilazione o fonti di calore. Il sito deve essere rappresentativo della zona microclimatica media, stabile nel tempo, con materiali stabili (es. pietra non esposta a umidità ciclica). Evitare ombreggiamenti diretti o zone di stagnazione.
Fase 2: **Preparazione del campo e stabilizzazione termica**
Stabilire un ambiente controllato a 20°C ±1°C per almeno 60 minuti, con temperatura monitorata da termocoppia integrata. Controllare l’umidità di riferimento tramite camera calibrata con sale saturo (NaCl) o deumidificatore certificato secondo norme ISO 16257. La stabilità termica è cruciale: variazioni superiori a ±0.5°C possono indurre errori di lettura rilevabili.
Fase 3: **Acquisizione e validazione continua**
Registrare dati per almeno 2 ore con campionamento ogni 30 secondi. Verificare stabilità: differenze consecutive ≤ ±0.5% RH indicano buona coerenza. Utilizzare software di acquisizione con filtro digitale (media mobile esponenziale) per ridurre rumore.
Fase 4: **Analisi e correzione**
Confrontare lettura sensore con riferimento, calcolare fattore di correzione lineare o polinomiale (es. regressione quadratica), correggendo automaticamente in letture successive. Documentare curve di calibrazione, tolleranze e note ambientali (temperatura, umidità di riferimento, movimenti, traffico d’aria).
Fase 5: **Documentazione completa**
Redigere report con curve di calibrazione, certificati di tracciabilità del sensore, certificazioni di laboratorio, e note ambientali dettagliate. Includere grafici di stabilità temporale e deviazione standard.
**4. Applicazione pratica sul campo: esempio in una cappella gotica**
Nella cappella gotica di San Francesco a Bologna, un sensore SHT31 è stato posizionato a 1,7 m dal pavimento centrale, distante da impianti di ventilazione e vicino a murature in pietra locale, con riferimento secondario proveniente da laboratorio certificato ISO 16257. Dopo 60 minuti di stabilizzazione a 20°C, sono state registrate 120 misure consecutive. La deviazione massima rispetto al riferimento è stata di ±0.7% RH, entro soglia accettabile. Per affrontare la stratificazione termoigrometrica, si è implementata una rete di tre sensori distribuiti lungo la navata, con media ponderata temporale per ottenere una lettura rappresentativa.
Errori frequenti includono installazione troppo vicina a porte aperte o vicino a correnti d’aria condizionata, che generano oscillazioni artificiali. La compensazione termica, implementata con termocoppia integrata, ha ridotto il drift di ±1.2% RH a ±0.4%.
Checklist pre-calibrazione: controllo fisico integrità sensore (nessun danno, connettori puliti), fonte di riferimento tracciabile con certificato, ambiente senza rumori esterni o vibrazioni.
**5. Analisi avanzata: modelli di errore e compensazione dinamica**
Gli errori sistematici si manifestano come deviazioni costanti (+1.3% RH) o isteresi ciclica (+0.8% RH in inversione termica). Per mitigarli, si applica un filtro di Kalman che integra la lettura sensore con quella del termometro digitale, riducendo rumore e oscillazioni fino al 90%. Il drift termico, misurabile con termocoppia, viene corretto in tempo reale con modello lineare: ΔRH = α·(T_amb – T_nula), dove α è il coefficiente di sensibilità (≈0.005% RH/°C).
La validazione statistica richiede test di ripetibilità (CV <10%) e confronto con standard ISO 16257; valori superiori indicano necessità di ricall.
Simulazioni CFD hanno rivelato gradienti di umidità significativi lungo la navata, con zone di stagnazione a sinistra e asciugatura rapida a destra, giustificando il posizionamento distribuito.
**6. Integrazione con sistemi di monitoraggio e archiviazione dati**
Il sensore calibratore si connette a piattaforme IoT come Blynk o KNX, con dati inviati via Modbus TCP ogni 30 secondi e sincronizzati tramite NTP. Allarmi automatici segnalano deviazioni >±3% RH o deviazioni termiche critiche (>±3°C). I dati vengono archiviati in database strutturati (es. SQLite o cloud BIM), con grafici di trend e report mensili per analisi predittiva. La sicurezza è garantita da criptazione AES-256, backup giornalieri e accesso controllato con autenticazione a due fattori. La media ponderata spaziale su più sensori riduce l’impatto di outlier locali, migliorando affidabilità.
**7. Best practice e linee guida per esperti**
– **Frequenza di ricall:** calibrazione completa ogni 6–12 mesi, con verifiche semestrali tramite campionamento in condizioni di riferimento.
– **Documentazione obbligatoria:** certificati di calibrazione, note ambientali dettagliate, anagrafe sensore (produzione, lotto, data ultima verifica).
– **Formazione continua:** corsi specifici su calibrazione avanzata e interpretazione dati in contesti di conservazione, con laboratori pratici su tecniche di riferimento ISO 16257.
– **Validazione esterna:** uso di campioni certificati NIST o CEN per audit triennali, garantendo conformità internazionale.
– **Approccio culturale:** rispetto delle normative italiane (D.Lgs. 106/2007) e coinvolgimento di conservatori e ingegneri specializzati in architettura storica, evitando interventi invasivi basati su dati errati.